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Giù le mani dalle spiagge libere Legambiente: «Nemmeno un metro in meno di spiagge libere a vantaggio di privati»

Dettagli
Categoria: biodiversità e natura
Pubblicato: Mercoledì, 10 Giugno 2020 18:28

«I Comuni si organizzino per tempo per gestire al meglio il più prezioso dei beni comuni. No a riduzioni, chiusure o cessioni del litorale libero ai privati»

In questi giorni in cui si sta strutturando con fatica l'avvio della stagione balneare post-pandemia, anche in Basilicata Legambiente chiede che non un metro di spiaggia libera venga sacrificato per ampliare gli spazi negli stabilimenti balneari, neanche temporaneamente. Da più parti, infatti, continuano e giungere  ipotesi e richieste di allargamento delle aree concesse, per garantire il distanziamento fisico tra gli ombrelloni degli stabilimenti, ipotesi che Legambiente respinge con forza chiedendo che il distanziamento sia garantito in primo luogo proprio nelle spiagge libere, a vantaggio della libera e gratuita fruizione di uno spazio pubblico.

“Le spiagge libere vanno lasciate tali, anzi è proprio qui che va garantito in primo luogo l’eventuale distanziamento fisico necessario, con il libero accesso al mare e con una fruizione rispettosa dell’ambiente e delle norme sanitarie – dichiara Antonio Lanorte Presidente di Legambiente Basilicata. Noi chiediamo ai Comuni di definire le modalità di fruizione delle spiagge libere garantendone il libero accesso e un utilizzo sicuro e sostenibile, privilegiando le categorie più deboli, così come stanno già facendo le amministrazioni comunali di Bernalda, Montalbano Jonico e Nova Siri, destinando tratti di spiaggia libera a favore di persone con disabilità".

"Non è certo un compito facile per le amministrazioni - prosegue Lanorte - e per questo è opportuno ragionare attentamente, definendo  spiaggia per spiaggia, le misure che andranno adottate e, soprattutto, le capacità di carico di ogni singola spiaggia per prevenire pericolosi affollamenti. Alle amministrazioni chiediamo inoltre la strutturazione di punti diffusi per la raccolta dei materiali sanitari monouso o a rischio abbandono e di non tornare indietro sulle politiche Plastic Free; su questo in particolare c’è necessità di incentivare, presso gli esercenti, l’utilizzo di prodotti biodegradabili nella distribuzione alimentare, visto il possibile aumento, con l’emergenza sanitaria, del monouso da asporto".

Il tratto di demanio costiero libero da concessioni è il più delicato fra i beni comuni e una risorsa straordinaria per il nostro Paese sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale e come tale ne va garantito l’utilizzo tanto più in un periodo, come l’attuale, in cui bisognerà soddisfare il bisogno di svago in un contesto di grave crisi economica.

"Pensare di cedere a privati spazi di litorale libero - continua Lanorte - in cambio di sorveglianza e controllo delle regole o, addirittura, ipotizzare la chiusura delle spiagge libere perché non si è in grado di assicurarne una corretta fruizione, sarebbe una resa, una presa d’atto che il pubblico non è in grado di gestire il bene comune. Al contrario riteniamo che abbiamo davanti una straordinaria occasione proprio per ristabilire la naturale connessione fra pubblico e gestione del bene comune. È questo il momento giusto affinché i Comuni ritrovino quel rapporto di confidenza con il proprio territorio, si riapproprino di luoghi troppo spesso dati per scontati e abbandonati a una fruizione anarchica, sui quali si interveniva solo per pulizie estemporanee o controlli polizieschi”.

"Inoltre - secondo Lanorte - l'installazione di strutture balneari, seppur a carattere stagionale, può rappresentare una minaccia per l'integrità di alcuni habitat protetti, siti vocati per la riproduzione di specie importanti quali il fratino e la tartaruga Caretta caretta. Per questo motivo Legambiente Basilicata e WWF Costa ionica lucana, hanno inviato nei giorni scorsi osservazioni all'Ufficio del Demanio Marittimo di Matera in merito a specifiche istanze di concessione richieste da soggetti privati".

"Infine - conclude Lanorte - auspichiamo che questo particolare momento in cui è necessario coniugare aspetti sanitari ed ambientali, sia colto come l’occasione per adottare provvedimenti che possano diventare pratica diffusa e permanente. E che sia anche l'inizio di una nuova stagione per nuove politiche a favore dei territori costieri. Insomma, tornare a occuparsi di coste in questa Regione perchè la prospettiva climatica che abbiamo di fronte ce lo impone e perchè i 60 km di costa della Basilicata sono una straordinaria risorsa in chiave turistica che potrebbe rafforzarsi e allargarsi costruendo un’offerta sempre più qualificata, integrata e diversificata. Alzare il livello del confronto, pretendere che i territori costieri siano oggetto di studi, risorse, progetti per passare dall'inseguire l'erosione costiera e contare i dannil, a una strategia complessiva che consenta di mettere in sicurezza le persone e al contempo di adattare i territori a un nuovo scenario ambientale. Adottare, quindi, finalmente, il Piano Coste e il Piano Lidi. Invece nel dibattito pubblico l'argomento prevalente è quello che ruota intorno alla pur importante questione del rinnovo delle concessioni demaniali marittime al 2033, mentre bisognerebbe ragionare di più, in un'ottica di sistema, sul futuro delle aree costiere mettendo al centro qualità, accessibilità, sostenibilità e cura del territorio, definendo nuove regole e politiche per rilanciare il loro ruolo, tenendo presente che tutte le questioni sono legate fra loro e vanno affrontate insieme, dalla lotta all'erosione, all'inquinamento delle acque, all'abusivismo, alla gestione delle spiagge libere e in concessione".

Riconnettiamo il Paese, l'Italia dei piccoli Comuni

Dettagli
Categoria: città
Pubblicato: Giovedì, 04 Giugno 2020 08:53

 

 

 

 

Il 2  giugno è tornata la festa dei piccoli comuni, nodi fondamentali per rilanciare il sistema Paese e il sistema Basilicata. 

Legambiente Basilicata: «È necessario valorizzare le connessioni territoriali e superare il digital divide»

Durante la pandemia e il lockdown di questi mesi, quattro quinti della popolazione dei piccoli comuni hanno dovuto fare i conti una connessione internet faticosa e frammentata e ora sono quelli che, per esempio, più rischiano in termini di svantaggio formativo. Secondo i dati elaborati per Legambiente dal Centro Studi Caire, tra i piccoli comuni, la banda larga serve solo il 17,4% delle unità immobiliari a fronte di una media del Paese del 66,9%. Un divario digitale pesantissimo.

Per questo, “riconnettiamo il Paese” è lo slogan, quest’anno, di Voler Bene all’Italia, la festa dei piccoli comuni promossa da Legambiente con Uncem e Symbola e un vasto comitato, che dal 2004 si celebra il 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica.

Oggi più che mai, dopo la lunga emergenza provocata dal coronavirus, Voler Bene all'Italia interpreta l’urgenza di un percorso comune di rinascita, che vede le comunità e i territori ancora più decisivi per la ripartenza del nostro Paese e la Festa della Repubblica rappresenta una grande occasione di coesione per stare vicini ai piccoli comuni. Offrire ai sindaci di questi centri e ai territori che rappresentano l’attenzione necessaria, celebrando al tempo stesso l'unità nazionale, è dunque l’obiettivo di questa campagna.  Ed è il messaggio contenuto nell'appello, sottoscritto ad oggi da oltre 100 piccoli comuni (e che invitiamo tanti altri comuni a sottoscrivere), che il comitato promotore di Voler Bene all’Italia ha inviato al Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, per evidenziare le pericolose disuguaglianze e fratture sociali che il digital divide comporta.

"Peraltro- sottolinea Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata - la pandemia ha posto all’attenzione di tutti la necessità di ripensare l’organizzazione e la fruizione dei territori e in questo anche il ruolo che i piccoli Comuni hanno nella tenuta delle comunità, nella qualità della vita e delle produzioni, ponendoli come strategici nel percorso di rilancio dell’intero sistema Paese. Questo vale ancor di più per la Basilicata, Regione di piccoli comuni, luoghi che oggi possono guidare le sfide sempre più complesse del futuro, diventare nuovi poli di attrattività, erogatori di servizi fondamentali, non più ultime marginalità da trascurare. In questo spartiacque storico il salto di qualità di cui questi luoghi hanno bisogno per competere a pieno titolo nel terzo millennio e per frenare l’emorragia insediativa che li caratterizza da decenni, si gioca, quindi, in prima battuta sul fronte dell’innovazione sociale e delle infrastrutture digitali. Al centro delle infrastrutture per la ripartenza dell’economia dovrà necessariamente esserci la connessione veloce come diritto di cittadinanza che colmi in tempi certi lo scarto del digital divide e rompere l’isolamento reale e culturale che grava ancora su molte aree interne della Basilicata. Questa è una pre-condizione perché i territori e le comunità possano essere protagoniste della rinascita della Regione. La pandemia ha messo in evidenza quanto la connessione fra persone e organizzazioni dipenda anche da infrastrutture tecnologiche, particolarmente strategiche per la scuola, il lavoro e i servizi. Quindi l'azione da mettere subito in campo è avviare cantieri diffusi nelle aree interne semplificando gli interventi per portare la banda larga dappertutto nei piccoli comuni".

"L’obiettivo auspicabile - continua Lanorte - è di arrivare alla copertura del territorio con la banda ultralarga utilizzando la nuova stagione europea di programmazione per sostenere i progetti di sviluppo locale dei piccoli comuni, associati per esercitare la loro potestà di intervento nella programmazione in materia di sviluppo socio economico, come stabilisce l’articolo 13 della Legge Salva Borghi 158/2017".

"Inoltre - sostiene ancora Lanorte - in questo momento, bisogna sostenere subito la ripartenza del turismo dei borghi, dell'agriturismo, del turismo lento e del cicloturismo dando valore nel contempo alle specificità di tali aree, ad esempio le tradizioni e i prodotti locali tradizionali, i beni ambientali e culturali. A tal fine è necessario predisporre una serie di benefici fiscali per le micro-attività turistiche e sportive diffuse nelle aree montane, rurali e interne, dai rifugi ai centri di educazione ambientale alle attività di gestione di aree protette e sbloccare tutte le risorse possibili per il sostegno e la valorizzazione delle attività economiche di qualità nei piccoli comuni dando attuazione alla legge Salva Borghi per mettere questi luoghi in condizione di competere e di potere esprimere il loro potenziale. Infine bisogna valorizzare lo stretto rapporto tra i piccoli comuni e i parchi e aree protette che in Basilicata coprono oltre il 20% del territorio regionale quasi tutto ascrivibile alle aree interne. Il 70% dei comuni lucani sotto i 5000 abitanti ha tutto o parte del proprio territorio dentro aree ad elevata tutela ambientale. Questo fa capire l'importanza di investire maggiori risorse economiche sui parchi e le aree protette, perché diventino volano di sviluppo sostenibile per le innumerevoli imprese agro-silvo-pastorali e non solo, che proprio dentro i parchi risiedono e operano".

"Noi pensiamo  - conclude Lanorte - che sia giunto il momento in cui la Basilicata debba puntare decisamente su un grande progetto per le aree interne come modalità di intervento per far ripartire lo sviluppo dal basso, recuperando così l’enorme potenziale rappresentato dalle specificità del territorio, vera forza economica. Il valore della montagna, delle aree interne, delle tantissime vitalità locali, vanno assolutamente riconosciute e difese. Partiamo dalla consapevolezza che nella marginalità di un territorio conta più la storia del suo sviluppo che non i fattori geografici quali la distanza, l’altitudine o il sistema connettivo. E in Basilicata il territorio non ha saputo creare uno sviluppo “dal basso” internalizzando e moltiplicando i fattori di sviluppo esterni ed instaurando meccanismi di rete con gli altri territori, creando processi virtuosi di crescita economica, produttiva e culturale. Le condizioni dello sviluppo sono quindi strettamente legate alla capacità del territorio di “offrire” se stesso nel solco delle proprie tradizioni e vocazioni e nel rispetto del proprio patrimonio ambientale, perchè non esistono luoghi arretrati perchè marginali, ma piuttosto aree che hanno difficoltà di accesso ai servizi e ai diritti di cittadinanza. Per colmare la distanza necessaria a recuperare il disagio insediativo e produttivo servono quindi serie politiche di riequilibrio territoriale in grado di coniugare qualità e innovazione, creatività e bellezza, producendo lavoro e reddito, senza tacere però che tali implementazioni produttive necessitano di risorse umane e pertanto non può assolutamente essere elusa una riflessione rigorosa, razionale e non emotiva sul contributo dei migranti nell'equilibrio demografico e nella lotta all'invecchiamento. Un progetto per le aree interne e i piccoli comuni in Basilicata comporta un investimento, necessariamente  costoso, per mantenere /potenziare/ricostruire una rete di servizi territoriali. Ma tale investimento potrà essere giustificato  economicamente in quanto sarà in grado di liberare energie imprenditoriali e produttive che generando ricchezza sosterranno quella spesa mantenendo vitale la rete dei servizi e superando la spada di Damocle della curva demografica".

 

 

Le proposte per una ripartenza post-pandemia in chiave green

Dettagli
Categoria: città
Pubblicato: Martedì, 26 Maggio 2020 08:00

Fase 2 in Basilicata, 7 proposte utili per far ripartire l'economia e creare posti di lavoro tenendo insieme tutela dell'ambiente, innovazione e riduzione delle disuguaglianze. 

Mettere in campo interventi rapidi sul fronte della sostenibilità ambientale e dell’economia, puntando sulla semplificazione delle procedure e tenendo insieme l’innovazione e la riduzione delle disuguaglianze, come oggi solo gli investimenti green consentono. Perchè la questione ambientale, ancor di più oggi, nel pieno di una grave crisi sanitaria ed economica, non è uno dei temi sul tavolo ma "la questione" che definirà le forme dello sviluppo, è la grande opportunità per creare lavoro, per rendere più competitiva l'economia, per spingere innovazione e ricerca e combattere le disuguaglianze economiche, sociali e territoriali. E l'ambiente rappresenta l'unico vero fattore di sviluppo per un territorio come quello della Basilicata, che ancora conserva un vantaggio competitivo rispetto a molte regioni italiane in termini di elevata dotazione di infrastrutture ambientali e basso impatto antropico.

"A partire da questa riflessione - dichiara Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata - Legambiente vuole lanciare la sua "ricetta green" al Governo regionale nel pieno della cosiddetta Fase 2 post-coronavirus e a pochi giorni dall'emanazione del "Decreto Rilancio", presentando 7 proposte per la ripartenza che guardano al futuro immediato della Regione e che pensiamo possano essere condivise da larga parte del mondo produttivo e del terzo settore".

"Ripartire in Basilicata - continua Lanorte - per noi significa mettere in campo progetti di green economy a cominciare dalle opere grandi, medie e piccole che sono ferme o languono. E quindi la priorità è aprire o riaprire i cantieri e rilanciare investimenti ed innovazione. Perché a Basilicata ha una lunga storia di opere necessarie e utili bloccate o che procedono a rilento in mezzo a inadempienze, rimpalli e contenziosi, cattiva progettazione, piani finanziari incerti,  lievitazioni dei costi, perdita di finanziamenti da parte della pubblica amministrazione locale, commissari straordinari. E sono tutte opere che riguardano settori fondamentali quali la messa in sicurezza del territorio, le bonifiche delle aree contaminate, le infrastrutture e la mobilità sostenibile, la tutela delle acque, la gestione dei rifiuti, la riqualificazione del patrimonio edilizio, le aree interne. Tutte opere utili per i cittadini e per i territori, perché servono a migliorare la sicurezza idrogeologica, sismica e sanitaria, sono finalizzate a innovare il sistema della mobilità, a diminuire il consumo delle risorse naturali e di materia, a favorire la transizione energetica, a mitigare il disagio insediativo nelle aree interne".

Quello che ci aspettiamo, quindi, è che in questa fase si possa operare per raggiungere i seguenti obiettivi: 1. Mettere in campo azioni concrete di prevenzione del dissesto idrogeologico sbloccando gli interventi già previsti, all'interno di una logica organica di manutenzione e riassetto del territorio; 2. Accelerare gli investimenti in infrastrutture di trasporto utili cioè quelle ferroviarie (e non necessariamente l'alta velocità) e sbloccare i cantieri per l'adeguamento e manutenzione della rete stradale non più funzionale. Realizzare interventi per la mobilità sostenibile con nuove modalità organizzative, innovazione tecnologica, maggiore diffusione di mezzi a elevata efficienza energetica e a ridotte emissioni inquinanti, rafforzando  il trasporto pubblico, promuovendo l'intermodalità e aprendo cantieri per realizzare reti ciclabili; 3. Accelerare l'iter per la realizzazione degli impianti di compostaggio e di digestione anaerobica per il trattamento della frazione organica dei rifiuti previsti a livello regionale; 4. Portare a conclusione in tempi brevi la bonifica dei siti contaminati (SIN Tito e Val Basento, area ex-Fenice, discariche in infrazione, Itrec, aree petrolifere); 5. Completare rapidamente gli interventi sugli impianti di depurazione reflui urbani in infrazione. Riparare gli acquedotti colabrodo che disperdono il 50% dell'acqua immessa. Potenziare i controlli ambientali sugli scarichi abusivi. Aprire cantieri per la manutenzione delle infrastrutture idriche; 6. Favorire l'apertura di migliaia di cantieri per la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio sfruttando gli incentivi esistenti. Intervenire rapidamente per l'adeguamento e manutenzione degli edifici scolastici; 7. Favorire l'avvio di cantieri diffusi nelle aree interne semplificando gli interventi per portare la banda larga in tutti i piccoli comuni. Sostenere concretamente la ripartenza turistica soprattutto nelle aree interne.  Investire maggiori risorse economiche su parchi e aree protette.

"Interventi diffusi - conclude Lanorte - che possono partire in pochi mesi e produrre risultati immediati e a supporto di coloro che più stanno soffrendo l’impatto della crisi. Per questo chiediamo al Governo regionale di costruire su queste sfide un confronto con tutti gli interlocutori sociali e economici, di aprire ad idee e proposte, per poi accelerare nel cambiamento di cui abbiamo bisogno".

Di seguito le nostre proposte:

  1. Messa in sicurezza del territorio e mitigazione del rischio idrogeologico

Continuiamo a constatare l'enorme lentezza a mettere in atto concreti strumenti di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico. I numerosi e spesso drammatici eventi legati al dissesto del territorio in Basilicata evidenziano la forte discrepanza che ancora esiste tra le evidenze, la conoscenza, i danni, le tragiche conseguenze del rischio idrogeologico nella nostra Regione e la mancanza di un’azione diffusa, concreta ed efficace di prevenzione sul territorio regionale. Pertanto riteniamo sia necessario accelerare la ripresa degli investimenti con la riapertura dei cantieri anche attraverso una semplificazione delle procedure dando attuazione al Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Quella della manutenzione del territorio e della prevenzione dei rischi è anche una grande occasione per creare lavoro e innovazione. In un’epoca in cui i cambi climatici aggravano la fragilità idrogeologica occorre integrare strategie di adattamento al clima nella pianificazione di bacino e introdurre l'elemento del rischio in tutte le politiche di gestione del territorio. La sicurezza si garantisce con la diffusione di piani di emergenza adeguati ed aggiornati, attività di formazione ed informazione, campagne educative, presidi territoriali con tecnici e volontari per attuare una efficace lotta preventiva". Inoltre bisogna accelerare, attraverso l'adozione del Piano Coste Regionale, sulla difesa dei litorali dall'erosione, avviare una radicale riqualificazione dell’esistente e progettare e realizzare opere di adattamento dell’erosione costiera, a partire dalla salvaguardia dei sistemi dunali, calibrate secondo precise necessità.

  1. Trasporti, infrastrutture e mobilità sostenibile

Sottolineiamo da tempo che la Basilicata abbia bisogno della cura del ferro. Ci sono opere necessarie da completare nel più breve tempo possibile vale a dire la velocizzazione della linea Battipaglia-Potenza-Metaponto, il potenziamento della Potenza-Melfi-Foggia e la realizzazione della Ferrandina-Matera uno degli esempi nazionali più noti di infrastruttura ferroviaria mai realizzata. Il recente Decreto Rilancio varato dal governo nazionale prevede anche l'Alta velocità in Basilicata sul collegamento Battipaglia-Taranto. Noi pensiamo che non sia l'alta velocità l'esigenza primaria per la nostra Regione, quanto la possibilità di spostarsi con orari competitivi su convogli comodi. Anche perchè riteniamo che gli investimenti infrastrutturali, in particolari quelli per il trasporto di merci e persone, debbano essere coerenti con le caratteristiche economiche, sociali e produttive del territorio. L'infrastruttura di per sé non garantisce la produttività del sistema ma va programmata in relazione al piano di sviluppo di un territorio, in base al quale vanno definite le infrastrutture per il trasporto veramente utili e in linea con i tempi. Quindi no a nuovi investimenti per infrastrutture stradali inutili, si agli interventi di adeguamento delle reti stradali non più funzionali e moderne. E poi interventi concreti sulla mobilità sostenibile, finalizzati a rendere gli spostamenti più efficienti, facili e agevoli in cui il trasporto pubblico sia reso più razionale e qualitativo.  Offrire quindi ai cittadini delle alternative valide, credibili e competitive in termini di funzionalità e di costi, all'automobile. Pertanto è necessario promuovere l’intermodalità (cioè la combinazione di mezzi diversi), una migliore organizzazione qualitativa e quantitativa dell’offerta alternativa al trasporto stradale, l’innovazione tecnologica nella mobilità, con una maggiore diffusione di mezzi a elevata efficienza energetica e a ridotte emissioni inquinanti con maggiore diffusione delle ricariche per auto elettriche e modalità alternative di mobilità quali bike/carsharing. Un' azione concreta che deve partire dalle città capoluogo per coinvolgere pienamente anche i piccoli comuni.

  1. Rifiuti ed economia circolare

Come è noto, in Basilicata nella gestione dei rifiuti servono gli impianti per rendere realmente efficaci i sistemi di raccolta differenziata. Per raggiungere i nuovi target di riciclo dettati dalla recente normativa europea sul tema, servono gli impianti per la valorizzazione dei materiali da raccolta differenziata, a partire da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per il trattamento della frazione organica, che rappresenta il 40% del quantitativo ottenibile con la raccolta differenziata. Siamo l' unica regione d’Italia a non avere in esercizio alcun impianto di trattamento della frazione organica dei rifiuti.  La presenza degli impianti di compostaggio e/o dei digestori anaerobici regionali è assolutamente necessaria perché consentirà a tutti i Comuni che si sono avviati sulla strada del “porta a porta” di gestire in Regione la frazione organica senza essere “costretti” a sopportare i costi del trasporto per raggiungere impianti fuori Regione.  La Basilicata nel 2015 ha definito la sua "Strategia Regionale Rifiuti Zero 2020" come riferimento programmatico per la definizione del Piano regionale di Gestione dei Rifiuti approvato ad inizio 2017. Il Piano prevede, tra l'altro, specifica impiantistica per la valorizzazione della frazione organica da raccolta differenziata con scenari al 2020. La DGR 406 del 28 giugno 2019 ha completato e ridefinito anche sul piano finanziario tale previsione di dotazione impiantistica. Pertanto la Regione Basilicata con quel provvedimento ha ammesso a finanziamento 4 impianti per il trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Si tratta di due impianti di compostaggio (Venosa e Lauria) e due impianti di digestione anaerobica (Colobraro e Potenza). Dell'impianto Venosa conosciamo la data di consegna dei lavori (ottobre 2018) e la nuova data di chiusura degli stessi (entro il 2020). Monitoreremo nei prossimi mesi lo stato di avanzamento dei lavori sollecitandone la rapida e tempestiva conclusione. Così come chiediamo un'accelerazione all'inizio dei cantieri relativi agli altri tre impianti.

  1. Bonifiche dei siti inquinati

Il tema della bonifica di diversi siti inquinati è un buco nero per la Basilicata. Bisogna accelerare i lavori nei due siti di importanza nazionale di Tito e della Val Basento che, a fronte dei noti finanziamenti riconosciuti, scontano ritardi del tutto inammissibili. (A tal punto inammissibili che la Regione Basilicata ha perso oltre il 40%, pari a circa 20 milioni di euro, del finanziamento previsto per la bonifica dei due siti nell'Accordo di Programma del 2013). E poi bisogna risolvere rapidamente le altre questioni aperte: dalla bonifica dei terreni e della falda acquifera contaminati da oltre un decennio nell'area dell'ex-Fenice di Melfi,  a quella delle discariche in infrazione da parte della  Corte di Giustizia UE (20 discariche dismesse che attendono il completamento delle attività di bonifica, con il caso particolarmente spinoso della discarica di La Martella a Matera); dal decommissioning e gestione dei rifiuti radioattivi e delle altre attività industriali all'Itrec di Rotondella, al risanamento ambientale delle aree inquinate dalle attività petrolifere fin dagli anni '90 del secolo scorso. Sul fronte delle bonifiche è necessario costruire un moderno sistema di monitoraggio, controllo e ripristino ambientale. E bisogna operare oltre la logica della “messa in sicurezza” per lavorare nella direzione di un rilancio economico delle aree interessate dalle attività di bonifica nell'ottica della Green Economy. Si tratta di superare in fretta le eredità industriali negative del passato restituendo ad usi legittimi i suoli consumati.

  1. Depurazione acque e gestione idrica

E' necessario superare le attuali, ancora elevate criticità del sistema di depurazione delle acque reflue urbane e per tutelare le falde dall'inquinamento e gli altri corpi idrici, occorre prestare un'attenzione particolare alle attività agricole e agli scarichi industriali, migliorando e completando l'impiantistica del trattamento delle acque industriali e fermando i numerosi scarichi abusivi che purtroppo ancora oggi continuano a verificarsi potenziando i controlli ambientali. In Basilicata ci sono 16 agglomerati urbani, contenenti ognuno più depuratori, che violano le norme UE sugli obblighi di raccolta o trattamento delle acque reflue urbane e per questo sono in infrazione comunitaria. Per questi impianti bisogna intervenire celermente, accelerando le tempistiche previste, per renderli conformi alla Direttiva 91-271 Cee evitando, in tal modo, multe salate per l'intera collettività ma, soprattutto, migliorando la qualità delle acque di fiumi, torrenti e mari. In Basilicata circa la metà dell’acqua immessa nelle tubature per tutti gli usi viene dispersa. Riparare gli acquedotti colabrodo e garantire acqua buona e per tutti, considerato anche che oggi il rispetto delle norme igieniche è un fattore determinante nel combattere la pandemia, deve essere priorità regionale e chiave di sviluppo sostenibile per aprire cantieri in ogni territorio. Ciò anche in considerazione dei problemi connessi alle carenze idriche dovuti certamente a periodi di siccità sempre più lunghi, ma anche, a proposito di interventi infrastrutturali utili, a ritardi o mancata manutenzione delle infrastrutture idriche. 

  1. Riqualificazione energetica del patrimonio edilizio

L'introduzione nel 2016 di uno specifico incentivo per la riqualificazione energetica dei condomini (Ecobonus), con la possibilità di abbinarlo alla messa in sicurezza antisismica (Sismabonus) ha rappresentato, insieme alla proroga degli incentivi per le ristrutturazioni edili, una svolta di grande importanza nelle politiche di riqualificazione del patrimonio edilizio. Questi provvedimenti aiutano infatti le famiglie a spendere meno, producono benefici ambientali e climatici, ma anche maggiore sicurezza in territori a rischio sismico. La spinta nella direzione dell’efficienza energetica ha anche un importante obiettivo sociale, perché la spesa per il riscaldamento delle abitazioni è la voce principale delle bollette energetiche delle famiglie. Insomma, investire in efficienza energetica significa anche sviluppare un welfare che crea posti di lavoro, che favorisce la riduzione delle spese energetiche, che aiuta le famiglie a risparmiare in bolletta, che riduce il consumo di suolo. Con le novità introdotte dal Decreto Rilancio, inoltre, sarà possibile ottenere una uno sconto in fattura o la detrazione fiscale sulle spese di efficientamento energetico e riduzione del rischio sismico, in misura superiore rispetto al costo. Un'occasione irrinunciabile per rilanciare anche in Basilicata migliaia di cantieri e accelerare gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio. In Basilicata secondo i dati del Cresme, esistono oltre 35mila edifici residenziali in stato mediocre e pessimo, si tratta di oltre il 22% del patrimonio edilizio abitativo della Regione. Fondamentale è il ruolo delle amministrazioni nel favorire tale processo e nella spinta all’innovazione energetica attraverso l’approvazione di regolamenti edilizi con aspetti di sostenibilità. Infine bisogna accelerare negli interventi per l'edilizia scolastica e quindi utilizzare i mesi di chiusura delle scuole per realizzare indagini diagnostiche dei solai, l'adeguamento alla normativa antincendio, le verifiche di vulnerabilità sismica; ma anche interventi di manutenzione ordinaria per implementare sistemi di sicurezza e distanziamento indispensabili nella fase di rientro anche per gli studenti a settembre prossimo.

  1. Piccoli comuni e aree protette

La pandemia ha posto all’attenzione di tutti la necessità di ripensare l’organizzazione e la fruizione dei territori e in questo anche il ruolo che i piccoli Comuni hanno nella tenuta delle comunità, nella qualità della vita e delle produzioni, ponendoli come strategici nel percorso di rilancio dell’intero sistema Paese. Questo vale ancor di più per la Basilicata, Regione di piccoli comuni, luoghi che oggi possono guidare le sfide sempre più complesse del futuro, diventare nuovi poli di attrattività, erogatori di servizi fondamentali, non più ultime marginalità da trascurare. In questo spartiacque storico il salto di qualità di cui questi luoghi hanno bisogno per competere a pieno titolo nel terzo millennio e per frenare l’emorragia insediativa che li caratterizza da decenni, si gioca in prima battuta sul fronte dell’innovazione sociale e delle infrastrutture digitali. Al centro delle infrastrutture per la ripartenza dell’economia dovrà necessariamente esserci la connessione veloce come diritto di cittadinanza che colmi in tempi certi lo scarto del digital divide che grava ancora su molte aree interne della Basilicata. Questa è una pre-condizione perché i territori e le comunità possano essere protagoniste della rinascita della Regione. La pandemia ha messo in evidenza quanto la connessione fra persone e organizzazioni dipenda anche da infrastrutture tecnologiche, particolarmente strategiche per la scuola, il lavoro e i servizi. Quindi l'azione da mettere subito in campo è avviare cantieri diffusi nelle aree interne semplificando gli interventi per portare la banda larga dappertutto nei piccoli comuni. Inoltre bisogna sostenere subito la ripartenza del turismo dei borghi, dell'agriturismo, del turismo lento e del cicloturismo dando valore nel contempo alle specificità di tali aree, ad esempio le tradizioni e i prodotti locali tradizionali, i beni ambientali e culturali. A tal fine è necessario predisporre una serie di benefici fiscali per le micro-attività turistiche e sportive diffuse nelle aree montane, rurali e interne, dai rifugi ai centri di educazione ambientale alle attività di gestione di aree protette e sbloccare tutte le risorse possibili per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni. Infine, c’è bisogno di investire maggiori risorse economiche sui parchi e le aree protette (oltre il 20% del territorio regionale quasi tutto ascrivibile alle aree interne), perché diventino volano di sviluppo sostenibile per le innumerevoli imprese agro-silvo-pastorali e non solo che proprio dentro i parchi risiedono e operano.

Legambiente: «Altro che svolta green, il piano di decarbonizzazione Eni punta su gas e confinamento geologico della CO2»

Dettagli
Categoria: petrolio
Pubblicato: Venerdì, 15 Maggio 2020 16:02


Legambiente Basilicata: «Serve un piano e investimenti concreti per la riconversione produttiva lontano dal petrolio"

Nel giorno in cui è in programma l’assemblea degli azionisti dell’Eni, Legambiente torna nuovamente a puntare il dito contro l’azienda controllata dallo Stato e nemica del clima. La strategia di Eni contenuta nel piano di decarbonizzazione al 2030 e al 2050 si basa sostanzialmente su gas (che è un combustibile fossile) e su confinamento geologico della CO2. Pertanto, nonostante le dichiarazioni dei giorni scorsi del neo-confermato amministratore delegato Descalzi, secondo il quale “l’azienda continua a perseguire con fermezza la strategia di lungo termine coniugando la sostenibilità economica con quella ambientale, per costruire una nuova Eni, in grado di crescere nella transizione energetica fornendo energia in maniera redditizia e, al contempo, ottenendo un'importante riduzione dell'impronta carbonica", per Legambiente l’azienda è ben lontana dalla svolta green di cui parla. “Non capiamo di quali piano di decarbonizzazione parli Eni – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. - Più che svolta ambientale, abbiamo l’impressione che questa azienda multinazionale continui a guardare al passato investendo soprattutto su idrocarburi. Anche dai dati diffusi a marzo dall’ Eni, noi più che svolta green abbiamo letto di aumento della produzione di petrolio fino al 2023, di un futuro al 2050 sostanzialmente a gas fossile e di confinamento geologico della CO2. Non abbiamo letto del processo per disastro ambientale in Val d'Agri in Basilicata partito da un nostro esposto, della perdita di petrolio per mesi nel pozzo a Ragusa in Sicilia, degli spiccioli destinati alle rinnovabili rispetto a molte altre oil companies”. Inoltre nell’ultimo anno - con l’entrata in funzione della bioraffineria di Gela - l’Eni ha più che raddoppiato l’importazione di olio di palma e suoi derivati passando dalle 280 mila tonnellate nel 2018 a 700-800 mila nel 2019. "Ricordiamo - continua Ciafani - che per quanto riguarda la vicenda del gasolio “all'olio di palma”, il cosìddetto ENIdiesel+, Eni ha speso milioni di euro in pubblicità per
spiegare agli italiani che si trattava di “bio” diesel, un prodotto “green” che fa bene “all'ambiente e al motore”. Ma lo scorso gennaio è stata condannata dall’Antitrust al pagamento di una multa di 5 milioni di euro per pubblicità ingannevole, in seguito alla segnalazione di Legambiente, Movimento Difesa Cittadino e Transport&Environment. Peraltro Eni è responsabile di circa la metà delle importazioni nazionali di olio di palma. Altro che “green”, l'olio di palma usato nei motori produce - tra deforestazione, coltivazione e combustione - tre volte più CO2 di quanto ne emette, dal pozzo al motore, un litro di gasolio petrolifero. È peggio del carbone. La deforestazione è inoltre causa di perdita di biodiversità e scatena contrasti sanguinosi tra compagnie e contadini indonesiani, e provoca
uccisioni di militanti e giornalisti come accaduto recentemente.
"Unica notizia positiva - conclude Ciafani - è la promessa, scritta nella risposta pubblica alle domande di Legambiente, che Eni nell’ambito della sua strategia di decarbonizzazione, azzererà l’utilizzo di olio di palma e derivati entro il 2023, ammettendo di aver investito milioni di euro in bioraffinerie puntando su
materie prime sbagliate, come Legambiente sostiene da anni".

"Una buona notizia, questa, e una prima vittoria - sostiene Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata - ma pensiamo sia necessario fare molto di più. Per esempio in Basilicata dove Legambiente chiede da tempo l'avvio immediato di un grande processo di graduale dismissione delle attività e di riconversione produttiva verso comparti moderni e sostenibili "oltre" il petrolio, capace di incrementare gli attuali livelli occupazionali, recuperando nel contempo una percezione diffusa a livello locale delle reali potenzialità del territorio". "Questa- continua Lanorte - è la vera sfida dei prossimi anni a cui è chiamata l’intera Regione Basilicata e la stessa Eni che, dopo venti anni, dovrebbe cominciare a restituire al territorio almeno parte di quanto, ed è tanto, ha ricevuto da esso. Peraltro non c'è un momento più adatto di quello attuale per imboccare questa cammino. La crisi sanitaria e quella climatica, due facce della stessa medaglia, ci pongono davanti ad un bivio. Ma una delle due strade, quella che continua a perseguire lo sfruttamento del fossile per produrre energia, è senza uscita. Per questo la Basilicata deve definire altre traiettorie di sviluppo svincolate dall'opzione petrolifera ed incalzare Eni su investimenti rivolti alla diversificazione economica, alla sostenibilità ambientale e all'economia circolare, ma senza cedere ad operazioni di greenwashing sul modello del progetto Energy Valley di Eni, per intenderci, vale a dire investimenti (nel caso specifico anche molto limitati sul piano finanziario) articolati in interventi quasi tutti
funzionali all'attività del centro Oli Eni: quindi in sostanza un investimento “pro domo sua". "Ci vuole bel altro - conclude Lanorte. Servono progetti reali di riconversione produttiva che puntino sulle rinnovabili, sulla bioeconomia e la chimica verde e impegni concreti sotto la regia della Regione
Basilicata con il coinvolgimento di portatori di interesse locali, comuni, imprese, mondo della ricerca".

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